Antisismica: ancora troppe abitazioni non a norma

In occasione di una conferenza stampa tenutasi il 25 luglio presso la Camera dei deputati alla presenza del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio, il presidente di Federcasa Luca Talluri ha presentato i risultati di uno studio sul rischio sismico degli edifici gestiti dagli enti associati. I risultati mostrano che in Italia il 40% degli edifici di edilizia residenziale pubblica, localizzati in zona sismica 1 (la più pericolosa), sono stati costruiti prima del 1980 e quindi non rispondono agli attuali requisiti antisismici e necessitano di interventi di miglioramento/adeguamento di particolare urgenza. Come è noto, FEDERPROPRIETÀ (l’associazione di proprietari edilizi che conta a livello nazionale oltre 400.000 iscritti e maggiormente rappresentativa nella Capitale) si è fatta promotrice, insieme ad altri organismi, di elaborazioni relative alla sicurezza antisismica e alla assicurazione obbligatoria degli edifici, tradotte poi in un disegno di legge che, presentato al Senato nella scorsa legislatura ed ora ripresentato (AS. N. 881), si trova all’esame della competente commissione parlamentare. Tornando alla ricerca “Patrimonio edilizio e rischio sismico. Necessità di conoscenza, possibilità di intervento nell’ERP”, questa è iniziata  nel 2015 in collaborazione con l’associazione ISI (Ingegneria Sismica Italiana) per valutare la vulnerabilità sismica delle case popolari, gestite dalle aziende casa, nelle zone a maggior rischio sismico (1, 2 e 3) e per calcolare una stima del costo per incrementare la sicurezza dell’intero patrimonio a rischio. Ne emerge un quadro piuttosto serio, dove sul totale di 2.760 edifici, gestiti dalle aziende casa, presenti nella zona sismica 1 (la più a rischio), 1.100 necessitano di interventi di miglioramento urgenti. Lo studio ha permesso di raccogliere informazioni su un campione di 190.357 alloggi, per un totale di 20.448 edifici, che rappresentano circa il 30% del totale gestito nelle zone sismiche di riferimento (1, 2 e 3). L’8.4% degli edifici si trova in zona sismica 1, il 38.1% nella 2 ed il restante 53.5% nella zona 3. Il 10.2% degli edifici rilevati risalgono a prima del 1940, mentre il 75,7% è stato realizzato dal 1941 al 1990. Gli edifici realizzati successivamente (dal 1991 al 2010) rappresentano l’11% del campione considerato. Una bassissima percentuale (3.9%) ha subito interventi di carattere strutturale, indipendentemente dall’anno. Per quanto riguarda la tecnologia costruttiva, il 44.6% è stato realizzato in cemento armato, mentre il 52% in muratura. Edifici in muratura realizzati prima del 1980 sono quelli maggiormente esposti agli effetti del sisma.

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